Si parla spesso di ricerca di equilibrio, di armonia, di bellezza, per la mente, il corpo e l’anima. Così ricreiamo ambienti che possano farci sentire in comunione con noi stessi, che rispecchino il nostro essere, lo spirito con cui viviamo e, talvolta, possano aiutarci a godere del benessere ci infondono. Per le nostre case, come per i nostri giardini, o terrazzi. In Oriente in questo sono maestri. E lo sappiamo bene. Il Feng Shui insegna, noi mettiamo in pratica.
C’è una filosofia, però, forse meno conosciuta, che, come il Feng Shui, può suggerirci una nuova via per ritrovare l’armonia con la natura.
È il Wabi Sabi, antica dottrina giapponese che parla di bellezza imperfetta della natura, libera di regalarci il suo spettacolo più puro, potente veicolo di emozioni, commovente simbiosi di colori, forme e spontaneità.
Distacco dall’idea di perfezione assoluta per ricoprire, e godere, di una bellezza creativa e intuitiva, naturale, rustica, certo imperfetta, ma per questo ogni volta originale, creativa. Questo è il fondamento del Wabi Sabi.
Originario della Cina, il Wabi Sabi è legato alla “cerimonia del Tè”, momento considerato sacro in Oriente. All’arrivo in Giappone, trova la sua massima espressione a Kyoto, nei parchi dei templi della città, celebri in tutto il mondo per la loro storia, ma anche per la bellezza degli stessi giardini.
Per chi ne avesse la possibilità di partire, questo periodo dell’anno è il migliore per ammirare il foliage di questo posto d’incanto. Gli aceri giapponesi si tingono di rosso, le foglie cadono e si appoggiano a terra come volessero accarezzare il terreno, un ultimo saluto, l’arrivederci alla prossima primavera.
Nel design, come nell’arredo e nella progettazione dei giardini, si riscopre così il ritorno al “grezzo”, al lavorato ma nel rispetto delle naturali imperfezioni della forma, del colore. Un tavolo di assi di legno non modificate a livello industriale, tronchi d’albero come sgabelli, le fronde come gazebo. E poi ancora laghetti non per forza simmetrici, boschetti, alberi che lasceranno cadere gentilmente le loro foglie in autunno. Non caos, non disordine, non lasciato al caso. Semplicemente naturale, armonioso, spontaneo. Perfetto proprio perché imperfetto.
Il Wabi Sabi è un paradigma estetico che insegna a ritrovare tempo e modo per ricoprire l’essenziale.
“L’essenziale è invisibile agli occhi”
[A. de Saint-Exupéry]
Così potremo cogliere infinite e delicate sfumature, tracce discrete, talvolta invisibili, capaci però di spingerci ad usare anche altri sensi oltre la vista. Il tatto, che percepisce le venature del legno, il suo essere ruvido, ma caldo, accogliente; oppure l’odorato, che inebria i nostri sensi con il profumo dei fiori o dei frutti. Perché il Wabi Sabi è questo. È l’arte del sentire, a livello sensoriale, del provare il contatto più vero con la natura, la pace che essa infonde, senza costrizioni o costruzioni concettuali di alcun genere. Contemplazione, niente di più.
Wabi, che suggerisce la bellezza discreta, la perfezione della casualità, dell’artigianalità delle lavorazioni, delle disposizioni non casuali, ma secondo natura, dove i difetti sono pregi.
Sabi, che si lega in modo indissolubile al tempo che passa, all’invecchiamento e all’usura, dove ogni solco, ogni graffio, racconta la storia di quell’oggetto e si fa portavoce di aneddoti, di vita vissuta.
Tutto è quindi inteso come parte viva e mutevole.
Un’aiuola delimitata di sassi, una fontanella, la disposizione dei camminamenti e del prato, la collocazione delle piante, la scelta dell’arredo per le aree conviviali. Tutto sarà spontaneo, funzionale sì, ma intimamente naturale.
Uno spettacolo da poter ammirare ogni giorno dell’anno.
Buon weekend.
Fausto.
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